Il riaccendersi dell’interesse per il giacimento di titanio sul Beigua è riconducibile alla politica europea, sancita dal Green Deal del 2019, che si propone di dare nuovo impulso all’estrazione mineraria nell’Eurozona e diminuire la dipendenza dall’estero nell’approvvigionamento di materie prime. La transizione ecologica, che punta ad una sempre maggiore digitalizzazione e ad un continuo progresso tecnologico, necessita di numerose materie prime che sono state definite critiche per l’alto valore economico che rivestono e per la difficoltà nel reperirle. Materiali come il titanio e il litio sono entrati dal 2020 nella lista delle materie prime critiche stilata dall’Unione Europea, poiché necessari nei settori in espansione della robotica, mobilità elettrica, industria militare, spaziale e farmaceutica. Il traguardo delle zero emissioni nel 2050 e di una politica economica più attenta alla conservazione ambientale nasconde in realtà l’espansione di settori estrattivi ad alto impatto, che causano la devastazione, l’inquinamento e la degradazione dei territori interessati. La retorica riguardante l’economia sostenibile, portata avanti da istituzioni e aziende private, serve soltanto a mascherare sotto una patina “green” progetti estrattivi e distruttivi che rispondo alla logica del profitto sia che si tratti di carbon-fossili, sia che si tratti dei nuovi materiali utili alla “svolta ecologica”. L’estrazione di materie prime non fa che aumentare e le innovazioni in questo campo non diminuiscono la quantità di materiale necessario, ma affinano le tecniche estrattive per raggiungere giacimenti nuovi e utilizzare un numero maggiore di materiali. I nuovi usi si sommano quindi ai vecchi senza sostituirli, negli ultimi trent’anni siamo passati da 20 metalli di grande utilizzazione a più di 60. Ogni anno sono estratti oltre 70 miliardi di tonnellate di materiale per produrre un valore economico.
La cosiddetta transizione ecologica continua a implicare quindi l’estrazione massiva di risorse naturali non rinnovabili e per quanto visto sin ora, richiederà l’utilizzo di quantità senza precedenti di materie prime. Questo spiega perché l’interesse minerario si sia risvegliato anche in Europa dove progetti di estrazione mineraria, riguardanti soprattutto rame, nichel, litio e terre rare, sono in fase di sviluppo in paesi come Finlandia, Svezia, Irlanda del Nord, ma anche in zone della Spagna, Germania, Serbia, Finlandia e Italia. L’estrattivismo di certo non è una novità per i paesi del sud del mondo che da decenni vengono devastati da miniere e infrastrutture atte all’estrazione di materie prime utilizzate per mandare avanti la società del consumo in cui viviamo. Le immagini delle miniere di litio nel deserto di Atacama in Cile, delle miniere di Cobalto nella Repubblica Democratica del Congo o quelle di terre rare in Sud Africa, ci danno un’idea di quale sia il prezzo da pagare in termini di impatto ambientale, inquinamento e peggioramento delle condizioni di vita umane e animali, per la continua produzione di nuove tecnologie nel campo dell’informatica, dell’industria militare ed in generale quali siano le condizioni che permettono il modello di produzione e accumulazione capitalista in cui viviamo. Se la costruzione di un progetto estrattivo in Europa ha di per sé effetti devastanti, la situazione è ancora più disastrosa in paesi dove non viene rispettata alcun tipo di norma per la salvaguardia dei territori e dove la manodopera, spesso minorile, ha un costo bassissimo e non gode di alcuna tutela.
Il modello capitalista è strutturalmente dipendente dall’acquisizione di sempre maggiori quantità di materie prime di qualsiasi tipo. Opporsi alla costruzione della miniera sul Beigua, come alla attuazione di qualsiasi progetto estrattivo, non può prescindere da una più ampia critica al modello di produzione e accumulazione capitalista, all’idea di continuo progresso e innovazione tecnologica e allo stile di vita consumistico della società occidentale. Opporsi a questo modello significa sovvertire la logica secondo cui il profitto e il progresso siano la base e il fine dell’organizzazione economica a discapito della conservazione ambientale e del benessere degli esseri viventi. Rimettere al centro la vita significa mettere in discussione la produzione sfrenata, l’obsolescenza programmata che la favorisce, la continua innovazione tecnologica e digitale e l’elevatissimo consumo energetico.
Le materie prime che in questo momento rivestono il maggior interesse economico sono appunto quelle legate alla costruzione di apparecchi tecnologici sempre più sofisticati e alla transizione energetica. Le terre rare, il nichel, il cobalto, il litio, il titanio, lo stronzio sono solo alcune delle materie prime critiche ad alta richiesta che presentano alta pericolosità nella fase di estrazione, sia per l’incolumità dei lavoratori sia per l’inquinamento ambientale. Molto spesso l’accumulazione di materie prime non risponde ad un’esigenza di utilizzo immediato ma alla creazione di enormi riserve soprattutto indirizzate all’industria militare. Il comparto della difesa, più chiaramente definibile come la produzione di armi da guerra, strettamente legato a quello della robotica, impegnato nella costruzione di droni, sistemi di controllo e repressione, risponde a fini contrari al benessere e alla libertà degli esseri umani e va rifiutato drasticamente. La sovrapproduzione di apparecchi digitali e la continua innovazione in questo campo non è sostenibile né indispensabile considerati i costi necessari a portarla avanti. Prendendo in considerazione il caso specifico del Titanio, le enormi quantità di materiale che si ricaverebbero dal giacimento del Beigua sarebbero impiegate principalmente nella costruzione di aerei militari, batterie elettriche e nel campo dell’industria farmaceutica, non esente da logiche lobbystiche e di accumulazione di profitto. Scagliarsi contro il modello estrattivista e rifiutare la costruzione di nuove miniere significa negare la necessità dello sfruttamento del suolo ai fini produttivi e contrapporre un modello di sostentamento e sopravvivenza diverso da quello capitalista.
No miniere, né qui né altrove.