Contro la miniera di titanio sul monte Tarinè

Le prime notizie riguardanti il giacimento di titanio nella zona del Parco del Beigua risalgono agli anni ’70, quando furono autorizzati i primi carotaggi. Secondo le valutazioni si tratta di una riserva accertata di 9 milioni di tonnellate di Rutilio. Alcune stime ipotizzano una presenza massima 20 milioni di tonnellate, con una concentrazione di titanio intorno al 6%, che la rendono una dei giacimenti più grandi d’Europa. Nel corso degli anni, questo tesoro minerario ha suscitato l’interesse di alcune compagnie quali la S.r.l. Mineraria Italiana e la Du Pont Nemours Spa prima, la CET (Comunità Europea del Titanio) poi. Tuttavia, gli elevati costi di estrazione del Rutilio da rocce particolarmente dure come le eclogiti e i rischi connessi alla liberazione di amianto durante l’estrazione, hanno sempre reso economicamente sconveniente la realizzazione del progetto. La questione è stata riaperta quando nel 2015 la CET, già proprietaria di alcuni terreni sul monte, ha avanzato una richiesta di effettuare nuove analisi per valutare e calibrare la mole di dati raccolti negli ultimi quarant’anni. La richiesta prevede indagini in superficie non invasine né distruttive di suolo e soprasuolo. La Regione, l’ente parco e i comuni coinvolti hanno impugnato questa istanza davanti al TAR, che si è espresso contro la CET. La sentenza è stata poi impugnata nuovamente dall’azienda e si attende la risposta del consiglio di stato. Una nuova richiesta, simile, è stata ripresentata sempre dalla CET nell’agosto 2020, ma questa volta in una modalità ancora meno invasiva. Infatti, le indagini non saranno effettuate sul territorio del parco regionale del Beigua, motivo principale del rifiuto alla prima richiesta, ma nel comune di Urbe, attualmente fuori dal parco. (vedi foto)

La regione, con il parere favorevole dell’ARPAL e dell’ASL2 di Savona, ha acconsentito. La risposta dei comuni non si è fatta attendere e il decreto regionale è stato impugnato nuovamente davanti al TAR, che non ha previsto la sospensione di tali rilevamenti fino alla pronuncia della sentenza, prevista per gennaio 2022.

Nonostante la dichiarazione dell’azienda di voler eseguire rilevazioni a scopo puramente informativo, pare altamente improbabile che un’impresa privata persegua interessi puramente scientifici. Si può facilmente dedurre che queste attività meramente simboliche non aggiungano nessun tipo di informazioni a quelle già note e che l’obiettivo sia quello di non perdere la concessione e mantenere aperta la questione.

Le amministrazioni locali, contrarie alla costruzione della miniera, si stanno battendo per l’annessione del comune di Urbe al parco regionale del Beigua, come strategia per tutelare i territori interessati dai rilevamenti. Nonostante gli interessi economici che muovono le amministrazioni locali, riconosciamo l’utilità contingente di questa linea politica che potrebbe influire sulla sentenza. Non possiamo però pensare che la tutela del territorio e dell’ambiente debba passare attraverso l’istituzione di Parchi o aree protette, non immuni da logiche di profitto o sfruttamento turistico, e non interessare tutti i territori in cui viviamo. La criticità della situazione ambientale, riguardante l’intero pianeta, richiede il ripensamento totale del nostro modello di produzione e sfruttamento delle risorse. Ogni ecosistema in quanto tale, e nel rapporto con gli esseri che lo abitano, è importante indipendentemente dall’interesse economico che riveste e dalle potenzialità turistiche. Come collettivo Vedo Terra consideriamo l’opposizione alla miniera sul monte Tarinè un’occasione per concretizzare una critica globale a questo modello estrattivo, in una lotta territoriale che ci riguarda da vicino.

Ci schieriamo contro ogni progetto estrattivo, ci schieriamo contro questo modello capitalista predatore.

Non è un caso che dopo anni di rifiuti, proprio nel 2020 la regione abbia concesso i permessi di rilevamenti alla CET, infatti, dal 2020 il titanio è stato inserito dall’Unione Europea nella lista delle materie prime critiche. Si tratta di materie di difficile reperibilità e di alto interesse economico.

La politica europea, negli ultimi anni, si è orientata verso una minor dipendenza dall’estero per l’approvvigionamento di materie prime e verso l’investimento in nuovi settori tecnologici che hanno reso materiali come il titanio e il litio di particolare interesse. Gli obbiettivi del “Green Deal” europeo sono il raggiungimento di un’economia digitale e climaticamente neutra, il che comporta un supposto minor utilizzo del carbonfossile ma un maggior sfruttamento di materie prime minerali e metalliche. Nel caso del titanio, usato prevalentemente nel settore militare, aerospaziale, e di sicurezza, oltre che per la costruzione di protesi, ad oggi l’Europa dipende al 100% dalle importazioni (45% dalla Cina). Non a caso parallelamente al riaccendersi dell’interesse per il giacimento del Beigua, vengono portate avanti rilevazioni e perforazioni in un fiordo norvegese, dove è presente un’altra riserva. Il materiale di scarto proveniente dagli scavi verrebbe riversato direttamente in mare con gravi danni al suo ecosistema. [per informazioni sulla lotta norvegese nomineingallok.noblogs.org o kolonierna.se]. Il grande interesse europeo per questa materia prima porterebbe enormi rientri economici alle aree che presentano giacimenti, questo spiega la decisione della regione Liguria di acconsentire ai rilevamenti sul territorio da parte della CET. Questa azienda cuneense a gestione pseudo-familiare, sulla quale sono reperibili pochissimi dati, presenta un capitale sociale molto basso che fa sospettare l’impossibilità della gestione di un’opera di scavo, lavorazione dei materiali, smaltimento e trasporto di tale portata. Probabilmente la CET nasconde dietro di sé qualche azienda di ben altro calibro, o, fiutando l’enorme interesse economico, mira a mantenere la concessione in questa fase preliminare per poi cederla a prezzi stellari a un’altra azienda europea in grado di portare avanti il progetto.

Non ci facciamo ingannare dalle promesse dell’Europa di riduzioni di emissioni e di transizione ecologica, nelle quali riconosciamo il tentativo di capitalizzare gli investimenti in settori considerati innovativi. Siamo convinti che senza una riduzione della produzione, una lotta al consumo selvaggio, alla obsolescenza programmata, e una più generale ristrutturazione del sistema produttivo, qualsiasi politica di transizione ecologica sia inutile oltre che ridicola. Notiamo la difficoltà di portare questa riflessione ad un contesto cittadino e di ricondurla a pratiche collettive e individuali.

Un altro elemento che ci teniamo ad evidenziare è la portata del danno ambientale e le conseguenze che la costruzione della miniera comporterebbe, non solo per il territorio interessato ma per l’intera regione Liguria e per il basso Piemonte. L’estrazione del rutilio da rocce eclogiti di elevata durezza è possibile solo attraverso la costruzione di una cava a cielo aperto che comporterebbe la distruzione della montagna e l’estrazione di enormi quantità di materiale di scarto che andrebbe ricollocato altrove. Inoltre, per la lavorazione del materiale sono necessarie infrastrutture in loco, spazi per lo stoccaggio e strade per il trasporto di tonnellate di materiali che stravolgerebbero completamente il territorio. La prospettiva di impiego e di arricchimento per gli abitanti non è che un’illusione, infatti, normalmente le grandi compagnie si portano i lavoratori e costruiscono cantieri-cittadelle che non portano alcun beneficio al territorio per poi lasciarlo irreversibilmente devastato. Le eclogiti, come se non bastasse, presentano un elevata concentrazione di amianto che verrebbe liberato nell’estrazione, contaminando la sorgente del torrente Orba che porta acqua a tutto il basso Piemonte. Inoltre, la polvere di amianto liberata, attraverso il vento raggiungerebbe tutta la provincia di Savona e di Genova. L’inalazione di amianto può portare all’insorgere di malattie come la pleurite, l’enfisema e tumori polmonari. La costruzione di questa miniera comporterebbe conseguenze per la vita di cinque milioni di persone e avrebbe conseguenze sulla salute anche delle generazioni future.

Come collettivo giovanile genovese, riteniamo essenziale portare avanti pratiche e lotte nella maniera più trasversale possibile, confrontandoci e condividendo momenti con altre realtà e con chiunque sia interessato a fare opposizione alla costruzione della miniera. Svegliamo questa città!

Collettivo Vedo Terra

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