GIÙ LE MANI DAL BEIGUA

Monte Tarinè – 928 slm – Pianpaludo, frazione del Comune di Sassello, in provincia di Savona. Luogo poco conosciuto e decisamente periferico rispetto alle città costiere della Liguria, collocato all’incirca della parte centrale dell’arco che forma la regione, ma con una peculiarità che ingolosisce il potere economico e particolarmente le industrie estrattive minerarie. Al di sotto dei prati e dei boschi di questa montagna si trova un giacimento di rutilo (minerale da cui si ottiene il titanio) stimato come uno dei più vasti al mondo e il migliore per la qualità e purezza del minerale. Così l’area appenninica del gruppo del Monte Beigua, scarsamente abitata e decisamente suggestiva, fresca in estate e bianca di neve in inverno, è un luogo strategico per gli interessi del capitale globale che vorrebbe cancellarla realizzando una miniera a cielo aperto.

Le prime notizie sul giacimento di rutilo sotto il Monte Tarinè risalgono agli anni ’70, quando furono autorizzati i primi carotaggi, e la scoperta di quel tesoro scatenò le richieste, parzialmente accolte, di diverse compagnie, prima la Srl Mineraria Italiana, poi la C.E.T., attraverso anche soci esteri della Du Pont Nemours Spa. La situazione rimase congelata per i rischi considerati eccessivi, ma quest’annosa vicenda si sta riaprendo. Già nel 1996 la C.E.T. (Compagnia Europea per il Titanio, con sede a Cuneo) fece richiesta di sfruttamento dell’area, negata dal Ministero dell’Industria che, allora, era il dicastero referente. Dietro a tutte queste richieste si stagliava però l’ombra del più grande colosso minerario del mondo: Rio Tinto. Ma tutto è stato bloccato, a concessione firmata, proprio per le proteste ambientaliste che hanno portato ad interpellanze parlamentari, vertici e conferenze dei servizi con l’allora ministro dell’industria Pierluigi Bersani che, alla fine, nel 1996 stoppò tutto insieme alla Regione. Anche la Golder Associates si è fatta avanti nei primi anni 2000.

Nel 2015 la C.E.T., già proprietaria di alcuni terreni sul monte, ha avanzato una richiesta di effettuare nuove analisi per valutare e calibrare la mole di dati raccolti negli ultimi quarant’anni. La richiesta prevede indagini in superficie non invasive né distruttive di suolo e soprasuolo. La Regione, l’Ente Parco e i comuni coinvolti hanno impugnato questa richiesta davanti al TAR, che si è espresso contro la C.E.T.. La sentenza è stata poi impugnata e si attende la risposta del Consiglio di Stato.

Nel frattempo, una nuova richiesta simile è stata ripresentata sempre dalla C.E.T. nell’agosto 2020, ma questa volta in una modalità ancora meno invasiva. Infatti le indagini non saranno sul territorio del Parco Regionale del Beigua (motivo principale del rifiuto alla prima richiesta) ma nel comune di Urbe, attualmente fuori dal parco. Se l’avvio della miniera è stato dunque più volte scongiurato, oggi è ritornato d’attualità a causa dell’autorizzazione concessa dalla Giunta regionale alla C.E.T. dal 5 luglio 2021 per effettuare sondaggi alla ricerca di minerali. La richiesta della società riguardava una superficie di 458 ettari, che andrebbe in questo modo a rappresentare il giacimento più grande a livello europeo di rutilo, di cui 229 all’interno dell’area protetta del Parco Naturale Regionale del Beigua, riconosciuta dall’UNESCO nella Zona speciale di conservazione “Beigua – Monte Dente – Gargassa – Pavaglione”. I restanti 299 ettari si trovano immediatamente all’esterno del parco.

Questo enorme giacimento, a 7 km in linea d’aria dal porto di Genova, contiene in verità una concentrazione di titanio molto bassa (intorno al 6%) ed è altresì caratterizzato dalla presenza di amianto (e le stime dicono intorno al 12%) e di altri materiali tossici. Le polveri, che inevitabilmente si libererebbero nell’aria, potrebbero porre a serio rischio la salute non solo di chi, umani e animali, abita la valle, ma anche di coloro che abitano a Genova e in provincia. Inoltre, le falde acquifere presenti sul territorio servono un bacino di utenza che comprende anche l’ovadese e l’alessandrino, e il rischio concreto che una contaminazione delle acque potrebbe compromettere l’approvvigionamento idrico di una zona ben più ampia. La regione, che non vedrebbe l’ora di tappare i buchi dei bilanci facendo buchi nelle montagne, non sembra curarsi della salute dei suoi cittadini, così strettamente legata a quella del territorio. Infatti, a quanto pare, non ha ritenuto queste ragioni sufficienti per negare le ennesime indagini esplorative, che non aggiungeranno nessuna informazione a quelle già acquisite sul giacimento nel corso dei decenni, ma che si dimostrano solamente strumentali a riaccendere il dibattito e sondare così il sentimento della popolazione.

Oltre al rischio “diretto” di un’attività mineraria, c’è da considerare tutto quello che ne conseguirebbe a livello di infrastrutture che dovranno essere costruite per la movimentazione dei circa 60 milioni di tonnellate di materiale che, secondo le valutazioni geologiche, potrebbero essere escavate nei monti del Beigua. Materiale che dovrà essere successivamente trasportato verso gli stabilimenti in cui può essere frantumato e raffinato e che al momento non esistono in Italia. Dunque, verosimilmente, prenderà la via della vicina Francia, dove stabilimenti per questo tipo di lavorazioni già esistono. Ma non solo, altri rischi che questo progetto porterebbe inevitabilmente con se sono: deviazione o cancellazioni di corsi d’acqua per approvvigionare la miniera, un’ enorme massa di scarto da ricollocare, una militarizzazione dell’area e un rafforzamento ulteriore delle tecnologie di controllo, espropri di case e terreni, repressione contro chi proverà ad azzardare un dissenso.

Tutto questo per arrivare ad estrarre un minerale che può essere considerato “prezioso” unicamente nell’ottica ecocida di questo progresso tecnologico digitale. Il titanio è un metallo atipico che si può ottenere dal rutilo (minerale rosso cristallino) tramite un processo chimico-industriale e presenta caratteristiche notevoli di resistenza alla corrosione e forza (considerato il miglior metallo in assoluto in questo senso), leggerezza (basso peso specifico), durezza, discreta duttilità e malleabilità. La sua produzione è iniziata negli anni ‘50 e oggi nel mondo ha una produzione di alcune decine di migliaia di tonnellate/anno. Le sue caratteristiche lo rendono utile, se non insostituibile, in diversi campi ma soprattutto nel settore aeronautico militare e missilistico, dove il pregio di avere strutture più leggere compensa ampiamente il suo maggiore costo. In particolare s’impiega per parti di motori, turbine, compressori, telai di supporto e componenti strutturali. In alcuni aerei supersonici il 60% del peso è costituito da leghe di titanio. Il suo uso riguarda anche l’industria dell’auto e della moto per modelli da corsa o speciali, e l’industria chimica per la costruzione di scambiatori di calore, valvole, pompe e serbatoi destinati agli impianti per il cloro e per la dissalazione delle acque marine. In ambito medico viene usato per realizzare protesi, viti e piastre per interventi su fratture e impianti dentali in quanto biocompatibile: lo strato di ossido che forma in superficie è un buon supporto a cui i tessuti bio-fisiologici aderiscono. Composti di titanio sono usati anche nell’industria della ceramica, cosmetica ed elettronica, nonché come pigmento per pitture e nella patinatura della carta. Oltre a ciò questo metallo trova sempre più frequentemente utilizzo in prodotti di consumo di massa come mazze da golf, sci, biciclette, montature per occhiali, fotocamere, smartphone, schermi, pc, etc.. Una richiesta di titanio che sembra destinata dunque a crescere.

I settori industriali citati appaiono “fondamentali” nello scenario globale, l’intera industria hi-tech è legata allo sfruttamento del titanio come di tanti altri minerali, e ciò non è affatto rassicurante, né per il gruppo montuoso del Beigua né altrove. La strategia di sistema mira a ridurre drasticamente i costi del titanio, il cui impiego è relativamente recente e il costo di produzione ancora troppo elevato per permetterne un impiego più diffuso nel mercato. Questa considerazione è da mettere in rapporto anche con il fatto che il titanio si trova diffusamente nella crosta terrestre, in quasi tutte le rocce magmatiche, ed è il nono elemento più abbondante nel globo.

Più in generale, lo scenario complessivo appare molto minaccioso e, come conseguenza anche del piano europeo denominato “Green Deal”, dobbiamo aspettarci un drammatico aumento della domandi di minerali e metalli che la Commissione Europea prevede di soddisfare attraverso un gran numero di nuovi progetti di estrazione mineraria, tanto all’interno dell’Unione Europea quanto all’esterno, nei continenti dove già ampiamente la produzione industriale occidentale saccheggia le materie prime.

Riguardo alla miniera che vorrebbero sulle montagne del Parco, oggi raccontano che le nuove tecnologie la renderebbero poco invasiva, l’impatto sarebbe ridottissimo mentre le ricadute positive per il territorio enormi: sono tutte strategie per condizionare l’opinione pubblica, ingannando le persone.

La cura e l’amore per la natura, la sensibilità, l’attaccamento alla propria terra e la consapevolezza della realtà di un mondo in cui la brama di ricchezza unita alla prepotenza la fanno spesso da padrone, possono far sì che domani il Parco del Beigua sia ancora quello che è oggi: boschi e prati verdi, acque cristalline e paesaggi commoventi per la loro bellezza affacciata verso il mare o verso la pianura padana. Soltanto la determinazione degli individui e l’organizzazione dal basso può mantenere questa nostra terra viva e incontaminata dall’inquinamento e dall’avidità.

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