Sainte-Soline, contro i mega-bacini per l’agroindustria

Sabato 25 marzo 2023 a Sainte-Soline, nel dipartimento delle Deux-Sèvres nella regione della Nuova Aquitania nell’Ovest della Francia, circa 30 000 persone si sono radunate per esprimere il loro rifiuto alla privatizzazione di immense riserve d’acqua e, in generale, il rifiuto verso l’agricoltura capitalista devastatrice. L’obiettivo della protesta era contrastare la costruzione di un mega-bacino idrico, un progetto voluto da una cooperativa di agro-industriali e sostenuto dal governo. La reazione della polizia alla manifestazione, chiamata da Les Soulèvements de la Terre e dalla Confederation Paysanne, è stata efferrata: 4’000 granate, tra assordanti, esplosive e lacrimogeni, lanciate sui manifestanti con oltre 250 feriti, di cui quattro con ferite gravi e una persona in condizioni gravissime.

Di seguito il comunicato delle persone solidali:

Sabato 25 marzo a Sainte- Soline, il nostro compagno S. è stato colpito alla testa da una granata esplosiva durante la manifestazione contro il bacino idrico.
Nonostante il suo stato di assoluta emergenza, la prefettura ha consapevolmente impedito ai servizi di assistenza sanitaria prima di intervenire, e dopo di trasportarlo in un ospedale in cui potesse ricevere le cure adeguate. Attualmente si trova in terapia intensiva neurochirurgica. La sua prognosi vitale è ancora riservata.
L’esplosione di violenza che i manifestanti hanno subito ha provocato centinaia di feriti, con diverse lesioni fisiche gravi, come riportano i vari bilanci disponibili.
I 30.000 manifestanti erano venuti con l’obiettivo di bloccare la costruzione del mega-bacino idrico di Sainte-Soline: un progetto di monopolizzazione dell’acqua da parte di una minoranza e a vantaggio di un modello capitalista che non ha più nulla da difendere se non la morte. La violenza del braccio armato dello Stato democratico ne è l’espressione più evidente.
Nella breccia aperta dal movimento contro la riforma delle pensioni, la polizia mutila e cerca di assassinare per impedire la rivolta, per difendere la borghesia e il suo mondo.
Nulla indebolirà la nostra determinazione a porre fine al loro dominio. Martedì 28 marzo e nei giorni successivi, rafforziamo gli scioperi e i blocchi, scendiamo in piazza, per S. e per tutti i feriti e i rinchiusi dei nostri movimenti.
Viva la rivoluzione.
Dei compagni di S.
PS: Se avete informazioni sulle circostanze del ferimento di S., contattateci all’indirizzo: s.informations@proton.me.

 

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Mappare!

Dopo che lo scorso settembre il Ministero delle Imprese e del Made in Italy ha avviato il “Tavolo Tecnico delle materie prime critiche”, nei giorni scorsi il ministro Adolfo Urso, nel corso di un’intervista a Repubblica, si è espresso nuovamente sulla tematica delle terre rare e del loro approvigionamento. Oltre a sostenere la necessità per l’Italia di sganciarsi dalla dipendenza dalla Cina in questo settore e avviare un nuovo piano di ricerca nazionale, considerando la disponibilità di almeno 15 minerali nel sottosuolo italiano, il ministro ha promesso una mappatura completa nel giro di pochi mesi, come fase preliminare per un nuovo ciclo di produzione estrattiva.

Di seguito come riportato da vari giornali:

 https://www.genovatoday.it/green/miniera-titanio-parco-beigua.html

https://economiacircolare.com/materie-prime-critiche-mappa-europa-estrazioni/

https://www.repubblica.it/economia/2023/04/11/news/caccia_alle_terre_rare_litalia_riapre_le_miniere_di_minerali_dimenticati-395676410/

https://www.startmag.it/smartcity/governo-terre-rare/

https://www.ohga.it/cosa-sono-le-terre-rare-i-minerali-preziosi-che-litalia-vuole-mappare/

Per approfondire il Tavolo Tecnico Materie Prime Critiche:

https://www.mise.gov.it/index.php/it/impresa/competitivita-e-nuove-imprese/materie-prime-critiche/materie-prime-critiche

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La C.E.T. non molla l’osso e ricorre contro lo stop alle ricerche

Dopo che lo scorso maggio il TAR ligure aveva confermato il divieto di effettuare ricerche minerarie nell’area del monte Tarinè, la Cet – Compagnia Europea per il Titanio – è tornata alla carica, presentando a dicembre ’22, un ricorso, il terzo, e questa volta al Consiglio di Stato.

Non ci è dato al momento sapere quali siano le argomentazioni presentate dalla CET per tentare di ribaltare il divieto di ricerche, ma evidentemente non ha intenzione di rinunciare alle ispezioni geologiche sul Beigua nonostante l’assurdità del progetto.

Non è ancora, evidentemente, il momento di abbassare la guardia.

Contro la miniera al Beigua, contro ogni estrattivismo, contro la società digitale.

Notizie apparse sui media:
https://www.genova24.it/2022/12/titanio-del-beigua-la-societa-interessata-a-fare-ricerche-minerarie-ha-presentato-un-nuovo-ricorso-328690/
https://www.genovatoday.it/cronaca/titanio-beigua-ricorso-cet-consiglio-stato.html
http://www.parcobeigua.it/dettaglio.php?id=72586
https://www.geopop.it/in-italia-si-trova-uno-tra-i-piu-grandi-giacimenti-di-titanio-al-mondo-perche-non-viene-estratto/

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3 Dicembre @ La Miccia (Asti)- INCONTRO SU ESTRATTIVISMO-

SABATO 3 DICEMBRE H 19:30
alla Miccia (via Toti 5 – Asti)
Quattro chiacchiere con alcun3 compagn3 liguri sulla lotta contro la Miniera di Titanio nell’area naturale del Monte Beigua.
L’area naturale del Monte Beigua (al centro della Liguria tra Genova e Savona) è stata sotto attacco da parte di chi avrebbe voluto renderla una enorme miniera.
La minaccia è dovuta dalla presenza di rutilo, un minerale da cui si estrae il titanio, metallo molto richiesto dalle industrie soprattutto per batterie di computer, smartphone e pannelli solari, nel sottosuolo del Monte Tarinè.
Il progetto della ricerca di Titanio nell’area del monte Tarineè rientra nel modello dell’estrattivismo ovvero l’accaparramento di risorse per mano di grandi interessi privati, nazionali ed esteri, Stato e finanza nelle sue varie declinazioni. È la
più attuale tendenza del capitalismo che globalizza i suoi profitti condannando gli umani insieme a tutto il vivente allo sconvolgimento e alla miseria, portando con sé disgregazione delle comunità locali, militarizzazione dei territori e repressione violenta di ogni forma di
opposizione.

 

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2-11 settembre: Sollevamenti della Terra in marcia

DALLA RISAIA DI PONTICELLI AL CORNO ALLE SCALE, UNA MARCIA PER DIRE NO A OPERE DANNOSE E IMPOSTE.

 Perché la marcia

 La Regione Emilia Romagna ha stanziato 5,8 milioni di euro per il progetto di un nuovo impianto di risalita al Corno alle Scale. Il progetto prevede lo smantellamento della seggiovia esistente e il suo prolungamento di circa 200 metri su un tratto di montagna ripido e battuto da forti venti. Siamo contrari a questa nuova opera, e tali restiamo anche di fronte alle immaginarie “varianti” che talvolta vengono proposte.

Ci sono evidenti motivi di tutela della montagna a giustificare la nostra contrarietà, ma anche considerazioni ambientali di ordine più generale. A causa dei cambiamenti climatici la neve naturale non è sufficiente a garantire piste innevate sotto i 2000 metri, e quindi deve essere “sparata” una quantità esorbitante di neve artificiale, che ha costi energetici elevatissimi e comporta il prelievo e la contaminazione delle acque. Il principale promotore dal lato imprenditoriale della nuova opera, Marco Palmieri (Piquadro), secondo “Un’idea di Appennino” (Maggio 2022) si dice soddisfatto dalla stagione sciistica al Corno, ma, scrive il mensile, “la siccità […] ha obbligato ad un massiccio impiego di neve artificiale” e dunque “c’è bisogno delle conferme dei denari pubblici nonché di  ulteriori misure, magari per quanto riguarda le bollette dei consumi energetici, cresciute oltremodo negli ultimi mesi.” Nel pieno della crisi climatica, e con costi dell’energia sempre in crescita, mettere soldi pubblici (cioè nostri) su operazioni di questo tipo ci sembra sconsiderato. Sulle modalità con cui vengono stanziate le risorse pubbliche torneremo più avanti.

Perché la risaia (e perché il Passante)

  La marcia è la modalità di lotta che abbiamo deciso di intraprendere contro quanto descritto. Una marcia lenta, sentendo la terra sotto i piedi, attraverserà la provincia bolognese da Ponticelli di Malalbergo fino al Corno alle Scale. Il punto di partenza non è casuale, ma si ricollega a una battaglia vinta da attivisti/e e militanti della pianura raccolti nella Rete NO HUB, che ha impedito la cementificazione di un’antica risaia che stava per essere sacrificata sull’altare della logistica. Altro progetto “simbolico” che incontreremo lungo il cammino è quello del Passante di Bologna, ovvero l’allargamento del sistema Autostrade/Tangenziale fino a 16/18 corsie. Il progetto è voluto da governo nazionale, Regione, Città Metropolitana e Comune capoluogo ed è ampiamente riverniciato di “green” e “partecipazione”. Tuttavia, le istituzioni che lo propongono non hanno neppure risposto alla richiesta di sottoporlo a una Valutazione di Impatto Sanitario. Al servizio degli attesi 65 milioni di veicoli/anno saranno costruiti 8 nuovi distributori di benzina, gran parte dei quali su terreno agricolo.

Logistica e cemento contro l’agricoltura

 Colto o incolto che sia, un terreno cementificato è perso per sempre. La terra ci nutre, trattiene l’acqua, immagazzina il carbonio. Un quarto della biodiversità del pianeta si trova nel suolo. Non possiamo restare insensibili! Fra il 2019 e il 2020 il suolo consumato in Italia è aumentato  di 56,7 chilometri quadrati, ovvero un equivalente di circa oltre venti campi di calcio al giorno (fonte Sole 24Ore, 2/12/2021). A ondate successive, le costruzioni industriali, residenziali e ultimamente per la logistica hanno proseguito l’opera di distruzione (e la logistica, come le vicende dell’ Interporto dimostrano, ha spinto in avanti anche le dinamiche di sfruttamento della manodopera). Nulla di concreto viene fatto per recuperare le aree dismesse, e si preferisce, per avidità, cementificare aree verdi. Avremmo invece bisogno di agricoltura di prossimità per poter mangiare cibo sano e locale, non dipendente da catene di fornitura lunghe, inquinanti, costose e fragili. La cementificazione conviene solo agli speculatori immobiliari, alle multinazionali dell’agroalimentare, alle catene dei supermercati e alle potentissime aziende della logistica.

Terra sprecata, soldi buttati

 Le promesse degli amministratori quando promuovono opere inutili e nuovi scatoloni per la logistica sono sempre due: crescita economica del territorio e lavoro. Sono promesse false. Molti di più sarebbero i posti di lavoro e il benessere sociale promuovendo e finanziando sanità pubblica, cultura e lavori sostenibili e utili. Dopo decenni in cui ci hanno detto che “i soldi non ci sono”, ora è evidente che mentivano. Il nuovo modo per nasconderli è vincolarli a una destinazione. Così succede per il Passante, così per il PNRR, e così per i 5,8 milioni destinati al nuovo impianto di risalita. Che dovrebbero trovare destinazioni assai migliori. Sta all’intelligenza sociale individuarle e imporle.

Non ci aspettiamo più nulla dai governanti che hanno accelerato il disastro. Nessuno può ignorare la catastrofe che ne consegue.

Si tratta ancora una volta di riprendere in mano il nostro destino e di organizzarsi per passare all’azione.

L’assemblea promotrice, 5 giugno 2022.

La marcia partirà da Ponticelli presso la Casa del Popolo il 2 settembre e l’arrivo previsto al Corno alle Scale è l’11 settembre.

Tappe e programma: https://sollevamentiterra.noblogs.org/post/2022/08/30/le-tappe/

Info: sollevamenti@riseup.net

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Indicazioni Campeggio contro la miniera di titanio sul Beigua

Ciao!
il campeggio si svolgerà nei pressi di passo Cerusa (Parco del Beigua SV)
https://goo.gl/maps/eS5juip147uVwkbE8
per raggiungerlo:

in macchina:
uscita autostrada Genova Prà, proseguire verso Voltri, dopo 500 mt (nei pressi della stazione di Voltri) prendere il bivio per Mele-Turchino, proseguire lungo questa strada fino al bivio Masone-Faiallo prendere per Passo del Faiallo proseguire per circa 12 km, il campeggio sarà sulla tua destra.

a piedi:
dalla stazione di Genova Voltri prendere autobus 97 per Fiorino, scendere al capolinea prendere sentiero ++rosso seguire fino all’Alta Via  (AV) e imboccarla in direzione ponente, questa si congiungerà con l’asfalto, il campeggio sarà sulla tua destra.

RICORDATEVI DI PORTARE SU ACQUA!

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Programma campeggio 29/30/31 Luglio

Venerdì 29

ore 11.00 inizio campeggio, allestimento del campo base
ore 13.00 pranzo condiviso
ore 17.30 chiacchiera di apertura e presentazione dell’opuscolo informativo sulla zona del Beigua e il progetto devastante che la minaccia.

a seguire cena vegana benefit per il tendone.

Sabato 30

ore 8.30 camminata attraverso i luoghi minacciati dalla costruzione della miniera, la camminata durerà circa 6 ore (AGILI!AGILI!)

pranzo al sacco

ore 18.00 presentazione dell’opuscolo

La guerra del sottosuolo. Il campo di battaglia delle materie prime
Lo sfruttamento delle materie prime costituisce forse uno degli aspetti materiali più crudi del potere a causa della devastazione che provoca, ed esso rivela allo stesso tempo, profondamente, i rapporti sociali che sono alla base di questa “marcia del progresso”. Queste pagine si focalizzano sull’aspetto più materiale del dominio, su alcuni dei suoi nervi scoperti, sulle radici attraverso cui scorrono le sostanze di cui si nutre per continuare ad espandersi e ad accrescere la sua potenza.
Quelle radici che penetrano profondamente nel ventre della terra, che sconvolgono il pianeta, l’intossicano, lo surriscaldano, lo devastano.
Innumerevoli esseri umani e non umani sono sacrificati ogni giorno – ridotti in schiavitù, avvelenati, uccisi da armi sempre più potenti e sofisticate – per il possesso di quegli elementi del sottosuolo attraverso i quali si è fabbricato un sistema di sfruttamento su scala mondiale. La macchina devastatrice è fortemente dipendente dal carbone, dal petrolio, dal gas, dai minerali… e ciò provoca non solamente guerre e conflitti e sanguinari, ma anche lotte e rivolte ai quattro angoli del pianeta.

a seguire cena vegana benefit per il tendone.

Domenica 31

ore 10.00 confronto su prospettive e proposte di lotta all’estrattivismo e al mondo che lo produce

a seguire pranzo condiviso e smontaggio del campeggio.

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La tre giorni di campeggio si svolgerà nell’area del Parco del Beigua, il luogo preciso verrà comunicato venerdì mattina sul blog: delcoloredellaterra.noglogs.org o sul canale telegram: delcoloredellaterra, se vuoi ricevere le indicazioni precise puoi scrivere alla mail delcoloredellaterra@anche.no

All’interno del campeggio sarà presente una cucina autogestita, ci sarà la possibilità condividere la cucina da campo, ognuno provvederà ai propri pranzi mentre le cene saranno benefit per l’acquisto del tendone utile per proseguire anche durante le stagioni più fredde incontri e presidi.

Per chi le possiede portate bussola e cartine del parco del Beigua utili per la camminata del sabato.

Portatevi le stoviglie e il bicchiere, non avremo nulla di monouso, cerchiamo di non essere impattanti per l’ambiente, riduciamo la spazzatura al minimo.
Portati la tenda e tutto il necessario per campeggiare tre giorni, la zona è raggiungibile in auto/furgone.

Spazio per distro e autoproduzioni (portati il tavolo).

per ulteriori info, proposte e suggerimenti: delcoloredellaterra@anche.no

NO MINIERE NÉ SUL BEIGUA NÉ ALTROVE!
CI VEDIAMO IN MONTAGNA!

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29-30-31 LUGLIO CAMPEGGIO CONTRO LA MINIERA DI TITANIO

Torniamo sui monti, con tre giorni di campeggio, per incontrarci e condividere esperienze e proposte di lotta all’estrattivismo e al sistema che lo produce.

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Progetti di estrazione di Litio nel Lazio

Negli ultimi mesi la regione Lazio ha ricevuto diverse richieste di ricerca per possibili progetti di estrazione del litio nelle regioni dell’Alto Lazio. Non si tratterebbe di nuovi scavi ma di sfruttare pozzi già esistenti, scavati da ENI a cavallo tra gli anni ’70 e ’80. Proponiamo qui di seguito una veloce rassegna stampa di quanto uscito recentemente sui media locali e nazionali, che riportano cifre e aggiornamenti sullo stato dei progetti, mancando per contro -immancabilmente- di una minima analisi critica che si scosti dal mantra (o “specchietto per le allodole”) della transizione energetica e di quanto finalmente anche nel Belpaese ci sia una “risorsa” mineraria da vendere alle multinazionali, per sentirsi importanti nello scacchiere energetico globale.

Le aziende che al momento hanno innoltrato le richieste sono la società tedesca Vulcan Energy Resources e l’italo-australiana Energia Mineral Italia, che fa riferimento alla multinazionale Altamin, già presente in Italia con il Progetto di Gorno (per il riavvio della miniera di piombo e zinco in Lombardia) e un piano per la ricerca di cobalto in Piemonte a Usseglio. Quest’ultima, per il proseguimento delle sue ricerche, ha ottenunto l’esenzione dall’obbligo di sottoporsi ad una procedura di Valutazione di Impatto Ambientale.

Rassegna Stampa:
https://www.auto21.net/2022/01/25/vulcan-ottiene-i-permessi-per-valutare-lestrazione-diretta-di-litio-nel-lazio/
https://www.ilnuovomagazine.com/a-campagnano-e-anguillara-parte-la-caccia-al-litio-loro-bianco/
https://www.orticaweb.it/lago-di-bracciano-e-partita-la-caccia-al-litio-sul-territorio/
https://notizie.lazio.it/2022/06/13/litio-a-roma-e-caccia-alloro-bianco-giacimenti-a-nord-della-capitale-ora-si-comincia-a-scavare-11/
https://www.vignaclarablog.it/20220426104990/una-possibile-miniera-di-litio-fra-cesano-e-campagnano/
https://www.ilsole24ore.com/art/l-australiana-altamin-caccia-litio-pozzi-campagne-lazio-AEnre5YB
https://www.ilnuovomagazine.com/a-campagnano-e-anguillara-parte-la-caccia-al-litio-loro-bianco/
https://quifinanza.it/economia/video/corsa-litio-italia-giacimento-roma-oro-bianco/651553/
https://www.lamiacittanews.it/giacimenti-di-litio-nelle-campagne-laziali-e-caccia-alloro-bianco/
https://www.startmag.it/energia/ecco-le-aziende-estere-che-cercano-litio-in-italia/
https://www.ilmessaggero.it/viterbo/litio_acqua_nepi_tesoro_arrivano_i_sondaggi_in_profondita-6678996.html
https://www.ilmessaggero.it/viterbo/litio_ricerche_sottosuolo_viterbo_la_proposta_di_societa_australiana-6732852.html
https://it.marketscreener.com/quotazioni/azione/ALTAMIN-LIMITED-38908851/attualita/Altamin-Limited-fornisce-un-aggiornamento-dei-permessi-per-applicazioni-di-litio-in-salamoia-40304373/

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Pizzata benefit Contro la miniera!

Domenica 19 Giugno dalle 12 presso la Libera Collina di Castello, in Piazza Santa Maria in Passione nel centro storico di Genova.

Contro la miniera di titanio sul Beigua, contro il modello estrattivista predatorio ed il sistema tecno-industriale che lo sorregge.
No miniere, nè qui nè altrove.

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Sentenza TAR Liguria su Miniera del Beigua

Il 27 maggio 2022 il TAR della Liguria ha emesso una sentenza rispetto a 3 ricorsi diversi tra loro che riguardavano il progetto di ricerca di Titanio nell’area del Monte Tarinè. In sostanza: viene accolto il ricorso delle associazioni ambientaliste che chiedevano l’estenzione del divieto di estrazione anche alla Zona speciale di conservazione (Zsc) contigua all’area del Parco Naturale Regionale; viene respinto il ricorso della C.E.T. rispetto ai limiti imposti dalla Regione Liguria; viene rigettato il ricorso dei comuni coinvolti che chiedevano l’estensione del divieto anche fuori le zone protette. Quindi, di fatto, la C.E.T è ora autorizzata a continuare le sue esplorazioni geologiche ma solo su una porzione di territorio che equivarrebbe al 39% di quanto inizialmente ottenuto.

https://www.genova24.it/2022/05/titanio-del-beigua-tar-ferma-la-ricerca-nelle-zone-protette-via-libera-per-gli-altri-183-ettari-305777/

https://www.ansa.it/liguria/notizie/2022/05/27/ricerca-titanio-del-beigua-tar-accoglie-ricorso-ambientalisti_c0160d32-3499-4378-b38e-8c178674a663.html

https://www.ivg.it/2022/05/titanio-sul-beigua-il-tar-respinge-ricorso-di-cet-e-regione-illegittimo-il-permesso-di-ricerca-mineraria/

https://www.ilfattoquotidiano.it/2022/05/31/liguria-stop-alla-ricerca-del-titanio-nella-zona-protetta-ai-confini-del-parco-il-tar-annulla-il-permesso-della-giunta-toti-incomprensibile/6610020/

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Rinnovamento industriale

di seguito un contributo apparso su Avis de tempetes #49, gennaio ’22, tradotto da finimondo.org

 

Rinnovamento industriale

In questi giorni qualche timido fiocco sta imbiancando le pianure, le foreste e le colline di Belgrado est. Il termometro stenta a salire sopra lo zero nella capitale serba. In questo secondo fine settimana di gennaio sono previste nuove giornate di azione contro il progetto di apertura della più grande miniera di litio d’Europa (58.000 tonnellate all’anno), lanciato dal gruppo anglo-australiano Rio Tinto. Da diversi mesi migliaia di persone partecipano a manifestazioni, ma soprattutto a blocchi stradali in tutto il paese. La devastazione ambientale programmata da questo progetto minerario nella valle di Jadar è l’innesco di una «rivolta ecologica» che a poco a poco sta minacciando la stabilità del regime autocratico. E se le massicce proteste non hanno dato luogo ad ostilità più accese in un Paese particolarmente devastato dall’inquinamento industriale, il governo serbo comincia tuttavia a ritenere più prudente sospendere temporaneamente l’arrivo del colosso minerario Rio Tinto.
All’indomani di queste giornate d’azione, e mentre un pugno di attivisti lanciavano uova contro l’ufficio informazioni di Rio Tinto a Loznica, un illustre industriale francese è intervenuto a Parigi durante una piccola cerimonia organizzata nei palazzi del Ministero dell’Economia. Quel 10 gennaio, Philippe Varin ha solennemente consegnato alle autorità il suo rapporto sulla sicurezza della fornitura all’industria di materie prime minerali. Varin vanta un nutrito palmares: ha cominciato la sua carriera di industriale nei gruppi siderurgici, per diventare in seguito direttore del gruppo PSA Peugeot Citroën di cui ha guidato la ristrutturazione industriale, e poi passare al gruppo nucleare Orano (ex-Areva), di cui ha diretto la ristrutturazione in qualità di presidente del consiglio di amministrazione; sua la responsabilità della chiusura del cantiere del reattore nucleare EPR in Finlandia. Fino alla fine del novembre 2020, Varin era anche a capo della lobby industriale France Industrie. È d’altronde in tale veste che è stato sollecitato dal governo a scrivere quel famoso rapporto, il cui contenuto non sarà reso pubblico per intero in quanto «contiene dati sensibili e segreti industriali».
Al di là dei dati tecnici coperti da segreto di Stato, il contenuto del rapporto sembra comunque chiaro. Il rallentamento della fornitura e il blocco delle catene logistiche, in parte imputabili alla pandemia da Covid19 e alle misure sanitarie, hanno danneggiato l’economia europea, mettendo ancora una volta in rilievo la sua dipendenza in termini di materie prime quali rame, cobalto, metalli rari, di prodotti finiti quali semi-conduttori e altri componenti elettronici utilizzati nei processi produttivi ancora siti in Europa, e infine di fonti energetiche quali gas e petrolio. D’altra parte, la transizione energetica e digitale che sembra costituire l’asse portante della nuova grande mutazione del capitalismo e la sconcertante risposta davanti al disastro climatico, stanno fomentando gli ardori industriali per restare nella fuga in avanti con rinnovata fiducia nella tecnologia, il che si traduce in una sempre maggiore intensificazione dell’estrazione di materie prime. La domanda di metalli (necessari alla costruzione di impianti eolici), di pannelli solari, auto elettriche, batterie, componenti elettronici, di tutto ciò che costituisce l’infrastruttura del mondo connesso, esplode ed anche le previsioni più timide stimano che il loro consumo raddoppierà nei prossimi decenni.
Per alcuni metalli come il litio, componente essenziale delle batterie che a loro volta sono i mattoni fondamentali di un’economia elettrificata, le previsioni dell’Agenzia Internazionale per l’Energia (AIE) evocano addirittura, da qui al 2040, una vertiginosa moltiplicazione per 40 della domanda mondiale. Per il cobalto, estratto in maggior parte nel Congo, le previsioni parlano di una moltiplicazione per 24. Non sorprende che i prezzi stiano salendo alle stelle ed i metalli si consolidino come un temibile fattore di instabilità per le economie in tutto il mondo. La loro importanza economica e militare (oltre alle tecnologie verdi, anche i sistemi di difesa — dagli aerei da combattimento fino ai droni e ai missili — sono avidi di metalli rari) li pone al centro di conflitti geopolitici e di guerre commerciali più o meno latenti, soprattutto perché la Cina ne è il principale indiscusso produttore. «Stiamo entrando in un super ciclo dei metalli», ha dichiarato un importante trader di fondi d’investimento in risposta al rapporto Varin. L’incremento dei prezzi ha quindi un effetto palla di neve sui mercati, rendendo ormai sempre più redditizie le estrazioni difficili e delicate dai costi prima esorbitanti. Ma di fondo, siccome la dipendenza dalle materie prime non cesserà di crescere, le attività estrattive si moltiplicheranno comunque.
Materie prime strategiche e critiche
Nessuna sorpresa quindi che gli Stati europei stiano pensando seriamente di riaprire le miniere, tanto più che i sottosuoli europei rigurgitano di metalli, come il litio, che ieri non rappresentavano un grande interesse, ma oggi sono definiti «critici». Da alcuni anni l’Unione Europea redige un rapporto annuale per indicare le materie prime ritenute strategiche e critiche [1], quelle la cui eventuale interruzione di fornitura (causata per lo più dall’esterno) rischierebbe di far vacillare le sue economie nazionali. Per contrastare tale dipendenza critica, la quale potrà solo aumentare man mano che si procede verso la transizione energetica e digitale, in diversi paesi europei si prevede la ripresa di attività minerarie e l’apertura di raffinerie di minerali.
In Francia, mentre alcune miniere sono ancora in funzione [2], sono stati attivati molti permessi di ricerca per metalli che troviamo su questo elenco europeo (pur non approdando necessariamente ad un progetto minerario), come nel Basso Reno il litio (estrazione del litio dalle salamoie, un processo definito «rispettoso dell’ambiente» dall’operatore Eramet); nell’Alta Vienna e nei Paesi Baschi l’oro, le terre rare, il tungsteno: o nell’Ariège ancora il tungsteno. In altri paesi, le titubanze politiche in relazione alla ripresa dell’attività mineraria finiscono per scomparire di fronte all’indiscutibile: se le economie europee intendono restare in corsa e in previsione delle crescenti instabilità geopolitiche (relative all’accesso alle materie prime, ai cambiamenti climatici, alle egemonie militari in alcuni territori, ecc.), non bisogna «proibirsi nulla» — come ha ben sintetizzato il ministro francese per la Transizione ecologica pochi giorni dopo il rapporto Varin. «Proibirsi nulla», contrariamente a quanto aveva deciso negli anni 90 il colosso chimico Rhône-Poulenc (oggi Solvay), in genere poco attento all’inquinamento. Invece di continuare l’attività estremamente nociva e radioattiva della sua raffineria di terre rare a La Rochelle, che rappresentava il 50% della produzione mondiale, il colosso aveva deciso allora di delocalizzarla in Cina. Un vecchio responsabile aveva così riassunto laconicamente questa scelta: «C’era merda che non volevamo, ecco di cosa si trattava».
Questa «merda» che ora non si vuole più proibire costituisce l’altra faccia della green-tech e della transizione energetica e digitale. I metalli rari sono definiti tali non perché siano «rari», ma perché sono mescolati con metalli abbondanti (come ferro o rame) nella crosta terrestre in proporzioni spesso infime. Sono chiamati «rari» perché sono difficili da rilevare, estrarre e separare chimicamente dagli altri. Tra i metalli rari come il cobalto, il gallio, il tantalio o il tungsteno, ci sono anche le «terre rare», una famiglia di 17 metalli particolarmente apprezzati dall’industria tecnologica e la cui estrazione e separazione sono particolarmente complicate e inquinanti. Il loro stesso stoccaggio genera seri rischi legati alle polveri cancerogene e radioattive. L’estrazione dei metalli rari, indispensabili alla transizione energetica e digitale, mobilita d’altronde enormi quantità di energia, acqua e prodotti chimici. I semplici rapporti di estrazione possono dare un’idea della montagna di rocce da estrarre: per ottenere 1 kg di gallio è necessario estrarre in media 50 tonnellate di roccia; per 1 kg di vanadio, 8,5 tonnellate; per 1 kg di lutezio, 1200 tonnellate…
Dopo la loro estrazione per mezzo di acidi, le rocce vengono poi lavate con una miscela di acqua (200 metri cubi per tonnellata) ed additivi chimici, da qui la moltiplicazione di laghi artificiali altamente tossici come quelli della regione di Baotou in Cina (che assicura il 95% della produzione mondiale di terre rare), triste specchio fumante del tasso di tumori dell’intera popolazione della Mongolia Interna, a nord-ovest di Pechino. Dall’America Latina (dove si trova soprattutto il triangolo dell’oro bianco, cioè il litio, con sfruttamenti in Cile, Bolivia e Argentina che rappresentano un quarto della produzione mondiale) fino all’Australia, le attività estrattive lasciano dietro di sé una scia di laghi tossici e di territori trasformati in discariche chimiche.
Oltre a puntare su una ripresa di questo tipo di attività mineraria sul suolo europeo (con progetti già in corso come l’estrazione di litio in Portogallo, Austria o Finlandia), gli industriali europei intendono posizionarsi anche nel settore del riciclo di materie prime. Con la vera e propria irruzione di prodotti elettronici e la loro obsolescenza programmata, questa via sembra raccogliere non poche speranze, tanto più che «riciclo» può far rima con «verde»… quindi con transizione ecologica. Poco importa allora se, dati i processi industriali e chimici impiegati per riciclare i metalli, ciò assomigli più ad una seconda forma di estrazione ritardata nel tempo, che mobilita, al pari dell’estrazione mineraria, nuove ed enormi quantità di risorse energetiche producendo nuove montagne di rifiuti industriali. Per questa componente di «riciclo», sono stati concessi ingenti fondi europei a innumerevoli progetti di ricerca e ad altri progetti industriali «innovativi».
Le linee d’attacco tracciate dalla transizione
Ripresa dell’estrazione mineraria, re-industrializzazione attraverso la costruzione di raffinerie e nuovi stabilimenti, nonché insediamenti di centrali di riciclaggio fanno parte di uno stesso insieme strategico. Il diplomatico slovacco Šefčovič, vicepresidente della Commissione europea dal 2020, ha così riassunto questo programma in un «appello ad agire» della lobby Alleanza Europea sulle Materie Prime (ERMA): «La nostra previsione strategica mostra chiaramente che la domanda di materie prime critiche aumenterà, a maggior ragione con la transizione in corso verso un’economia verde e digitale. […] L’Alleanza Europea sulle Materie Prime contribuirà ad aumentare le nostre capacità e gli investimenti per tutta la catena del valore, dall’estrazione passando per la lavorazione fino al riciclo. Ciò rafforzerà la nostra resilienza e la nostra autonomia strategica».
Per quanto riguarda la capacità industriale, molti governi europei stanno sbloccando ingenti somme per contribuire al finanziamento di nuovi progetti. Sempre in relazione al litio, si possono citare, ad esempio, quelli in corso per la costruzione di «giga-factory» — enormi complessi industriali destinati alla produzione di batterie — elementi-chiave del tutto-elettrico. [3] In Francia, progetti simili sono attualmente in corso a Douvrin, Douai, Grenoble, Belfort e Saint-Fons. Una delle raccomandazioni del rapporto Varin è appunto la creazione di un fondo d’investimento pubblico-privato a sostegno di questi progetti di fabbrica, nonché la costituzione di due piattaforme industriali, una a Dunkerque (nord) per i metalli, la seconda a Lacq (sud-ovest) per i magneti, la raffinazione, la fabbricazione dei precursori delle batterie (catodi, anodi), oltre al riciclo.
Come sottolineato dalla lobby europea delle materie prime — e non c’è dubbio che il rapporto Varin contenga lo stesso appello urgente — è nei prossimi due anni che dovranno essere prese le decisioni, concessi i permessi, avviati i progetti. Se la costruzione di una fabbrica di batterie o di magneti, di una raffineria o di un impianto di riciclaggio di metalli rari richiede generalmente dai 2 ai 5 anni, se l’avvio dell’estrazione di metalli rari da miniere esistenti o nuove va dagli 8 ai 15 anni, in mancanza di «azione» le economie europee rischierebbero secondo loro di sprofondare sotto il peso della totale dipendenza dalle importazioni nel giro di una decina di anni. Tali previsioni a medio termine si basano ovviamente sulla discutibile ipotesi di una prosecuzione più o meno costante — e di certo non turbata da fattori di instabilità come rivolte o cambiamenti climatici — della famigerata transizione.
Tuttavia, se vengono combinate con gli enormi sforzi fatti per moltiplicare le fonti di approvvigionamento energetico, esse indicano chiaramente i contorni del mostro da affrontare: un rinnovamento industriale alimentato da un rincaro energetico e da un’estrazione di risorse senza precedenti nella storia umana.[4] È in questo contesto che bisogna porre anche gli ultimi progetti energetici annunciati, come il rilancio del nucleare, il raddoppio della capacità eolica, la realizzazione di progetti geotermici, il ripristino di centrali a gas, o il potenziamento di interconnessioni europee atte a rispondere alle sfide della nuova economia che si profila all’orizzonte.
In fin dei conti, a ben pensarci, niente di nuovo sotto il sole. È dalla comparsa delle città che il potere economico, fondamentalmente, cammina sulle medesime gambe: energia ed estrazione. Dalla schiavitù al nucleare, il progresso economico somma le fonti energetiche che conferiscono sempre più potenza ai dominatori, e viceversa, poiché è lo sfruttamento delle fonti energetiche ad alimentare direttamente il dominio. Come l’estrazione del petrolio che ha sprigionato una vertiginosa forza energetica, vecchia di milioni di anni, accrescendo in modo inaudito l’industrializzazione e la guerra su scala mondiale, l’economia digitale ed elettrificata dipende dalla velocità d’estrazione dei metalli di cui ha bisogno. Così vengono tracciate le linee del fronte su cui si combattono e si combatteranno terribili battaglie. Sconvolgere le loro previsioni, trasformare occasioni e situazioni in fattori di disordine e d’imprevisto, scrutare queste linee di attacco dove il nemico appare sì fiducioso, ma tuttavia più vulnerabile che altrove, lanciarsi nei conflitti che si stanno delineando portandovi senza indugio l’azione diretta, queste sono le grida di battaglia che potrebbero metterci attivamente sulle tracce del nemico.
Note:
[1] Ovvero : antimonio, afnio, fosforo, barite, terre rare leggere e pesanti, scandio, berillio, carburo di silicio, bismuto, indio, tantalio, borati, magnesio, tungsteno, cobalto, grafite naturale, vanadium, carbone coke, caucciù, bauxite, fluorite, niobio, litio, gallio, i metalli del gruppo del platino, titanio, germanio, rocce di fosfato, stronzio.

[2] Ad oggi la maggioranza dell’attività estrattiva in Francia è rappresentata da 2700 cave
(granulati, minerali industriali, rocce ornamentali e da costruzione) distribuite su tutto il territorio. Riguardo alle miniere, esistono miniere di sale (Landes, Lorraine,
valle del Rodano), di calcari bituminosi (Ain), di bauxite (Hérault), di tantalio-niobio-stagno (Échassières en
Allier). Nei territori coloniali vi sono miniere di oro in Guyana e di nickel in Nuova Caledonia.

[3] Le energie rinnovabili sono risorse definite intermittenti, in quanto la produzione energetica dipende da fattori esterni
(la forza del vento, irraggiamento solare,…) contrariamente alle centrali di energie fossili (gas, carbone o nucleare) dove la produzione può essere regolata in funzione della domanda (un equilibrio da cui dipende la stabilità della rete elettrica). Per poter immagazzinare l’elettricità e poterla immettere in rete alla bisognia, svariati progetti di ricerca sono in corso (batterie all’idrogeno, smart grid in cui la produzione è guidata in tempo reale da algoritmi, interconnessioni tra paesi per stabilizzare le reti nazionali). Similmente, l’elettrificazione della mobilità richiede batterie per immagazzinare e disporre di energia quando serve. L’importanza, di conseguenza, delle batterie nella transizione energetica.

[4] Poiché i consumi mondiali di metalli crescono al ritmo del 3-5% ogni anno, il Rapporto Risorse Minerali ed Energia della
Alliance Nationale de coordination de la recherche scientifique (ANCRE) affermava nel giugno 2015 che « per soddisfare i bisogni mondiali da qui al 2050, dovremo estrarre dal sottosuolo più metalli di quanto l’umanità abbia fatto dalla sua origine
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Opuscolo: L’era del Capita-Litio

Un opuscolo sulle lotte contro i progetti di miniere di litio e altri minerali nel nord del Portogallo e in Galizia.

L’era del Capita-litio. Note sull’ondata estrattivista il Portogallo (e non solo)

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Il modello estrattivista in tempo di transizione ecologica

Il riaccendersi dell’interesse per il giacimento di titanio sul Beigua è riconducibile alla politica europea, sancita dal Green Deal del 2019, che si propone di dare nuovo impulso all’estrazione mineraria nell’Eurozona e diminuire la dipendenza dall’estero nell’approvvigionamento di materie prime. La transizione ecologica, che punta ad una sempre maggiore digitalizzazione e ad un continuo progresso tecnologico, necessita di numerose materie prime che sono state definite critiche per l’alto valore economico che rivestono e per la difficoltà nel reperirle. Materiali come il titanio e il litio sono entrati dal 2020 nella lista delle materie prime critiche stilata dall’Unione Europea, poiché necessari nei settori in espansione della robotica, mobilità elettrica, industria militare, spaziale e farmaceutica. Il traguardo delle zero emissioni nel 2050 e di una politica economica più attenta alla conservazione ambientale nasconde in realtà l’espansione di settori estrattivi ad alto impatto, che causano la devastazione, l’inquinamento e la degradazione dei territori interessati. La retorica riguardante l’economia sostenibile, portata avanti da istituzioni e aziende private, serve soltanto a mascherare sotto una patina “green” progetti estrattivi e distruttivi che rispondo alla logica del profitto sia che si tratti di carbon-fossili, sia che si tratti dei nuovi materiali utili alla “svolta ecologica”. L’estrazione di materie prime non fa che aumentare e le innovazioni in questo campo non diminuiscono la quantità di materiale necessario, ma affinano le tecniche estrattive per raggiungere giacimenti nuovi e utilizzare un numero maggiore di materiali. I nuovi usi si sommano quindi ai vecchi senza sostituirli, negli ultimi trent’anni siamo passati da 20 metalli di grande utilizzazione a più di 60. Ogni anno sono estratti oltre 70 miliardi di tonnellate di materiale per produrre un valore economico.

La cosiddetta transizione ecologica continua a implicare quindi l’estrazione massiva di risorse naturali non rinnovabili e per quanto visto sin ora, richiederà l’utilizzo di quantità senza precedenti di materie prime. Questo spiega perché l’interesse minerario si sia risvegliato anche in Europa dove progetti di estrazione mineraria, riguardanti soprattutto rame, nichel, litio e terre rare, sono in fase di sviluppo in paesi come Finlandia, Svezia, Irlanda del Nord, ma anche in zone della Spagna, Germania, Serbia, Finlandia e Italia. L’estrattivismo di certo non è una novità per i paesi del sud del mondo che da decenni vengono devastati da miniere e infrastrutture atte all’estrazione di materie prime utilizzate per mandare avanti la società del consumo in cui viviamo. Le immagini delle miniere di litio nel deserto di Atacama in Cile, delle miniere di Cobalto nella Repubblica Democratica del Congo o quelle di terre rare in Sud Africa, ci danno un’idea di quale sia il prezzo da pagare in termini di impatto ambientale, inquinamento e peggioramento delle condizioni di vita umane e animali, per la continua produzione di nuove tecnologie nel campo dell’informatica, dell’industria militare ed in generale quali siano le condizioni che permettono il modello di produzione e accumulazione capitalista in cui viviamo. Se la costruzione di un progetto estrattivo in Europa ha di per sé effetti devastanti, la situazione è ancora più disastrosa in paesi dove non viene rispettata alcun tipo di norma per la salvaguardia dei territori e dove la manodopera, spesso minorile, ha un costo bassissimo e non gode di alcuna tutela.

Il modello capitalista è strutturalmente dipendente dall’acquisizione di sempre maggiori quantità di materie prime di qualsiasi tipo. Opporsi alla costruzione della miniera sul Beigua, come alla attuazione di qualsiasi progetto estrattivo, non può prescindere da una più ampia critica al modello di produzione e accumulazione capitalista, all’idea di continuo progresso e innovazione tecnologica e allo stile di vita consumistico della società occidentale. Opporsi a questo modello significa sovvertire la logica secondo cui il profitto e il progresso siano la base e il fine dell’organizzazione economica a discapito della conservazione ambientale e del benessere degli esseri viventi. Rimettere al centro la vita significa mettere in discussione la produzione sfrenata, l’obsolescenza programmata che la favorisce, la continua innovazione tecnologica e digitale e l’elevatissimo consumo energetico.

Le materie prime che in questo momento rivestono il maggior interesse economico sono appunto quelle legate alla costruzione di apparecchi tecnologici sempre più sofisticati e alla transizione energetica. Le terre rare, il nichel, il cobalto, il litio, il titanio, lo stronzio sono solo alcune delle materie prime critiche ad alta richiesta che presentano alta pericolosità nella fase di estrazione, sia per l’incolumità dei lavoratori sia per l’inquinamento ambientale. Molto spesso l’accumulazione di materie prime non risponde ad un’esigenza di utilizzo immediato ma alla creazione di enormi riserve soprattutto indirizzate all’industria militare. Il comparto della difesa, più chiaramente definibile come la produzione di armi da guerra, strettamente legato a quello della robotica, impegnato nella costruzione di droni, sistemi di controllo e repressione, risponde a fini contrari al benessere e alla libertà degli esseri umani e va rifiutato drasticamente. La sovrapproduzione di apparecchi digitali e la continua innovazione in questo campo non è sostenibile né indispensabile considerati i costi necessari a portarla avanti. Prendendo in considerazione il caso specifico del Titanio, le enormi quantità di materiale che si ricaverebbero dal giacimento del Beigua sarebbero impiegate principalmente nella costruzione di aerei militari, batterie elettriche e nel campo dell’industria farmaceutica, non esente da logiche lobbystiche e di accumulazione di profitto. Scagliarsi contro il modello estrattivista e rifiutare la costruzione di nuove miniere significa negare la necessità dello sfruttamento del suolo ai fini produttivi e contrapporre un modello di sostentamento e sopravvivenza diverso da quello capitalista.

No miniere, né qui né altrove.

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Contro la miniera di titanio sul monte Tarinè

Le prime notizie riguardanti il giacimento di titanio nella zona del Parco del Beigua risalgono agli anni ’70, quando furono autorizzati i primi carotaggi. Secondo le valutazioni si tratta di una riserva accertata di 9 milioni di tonnellate di Rutilio. Alcune stime ipotizzano una presenza massima 20 milioni di tonnellate, con una concentrazione di titanio intorno al 6%, che la rendono una dei giacimenti più grandi d’Europa. Nel corso degli anni, questo tesoro minerario ha suscitato l’interesse di alcune compagnie quali la S.r.l. Mineraria Italiana e la Du Pont Nemours Spa prima, la CET (Comunità Europea del Titanio) poi. Tuttavia, gli elevati costi di estrazione del Rutilio da rocce particolarmente dure come le eclogiti e i rischi connessi alla liberazione di amianto durante l’estrazione, hanno sempre reso economicamente sconveniente la realizzazione del progetto. La questione è stata riaperta quando nel 2015 la CET, già proprietaria di alcuni terreni sul monte, ha avanzato una richiesta di effettuare nuove analisi per valutare e calibrare la mole di dati raccolti negli ultimi quarant’anni. La richiesta prevede indagini in superficie non invasine né distruttive di suolo e soprasuolo. La Regione, l’ente parco e i comuni coinvolti hanno impugnato questa istanza davanti al TAR, che si è espresso contro la CET. La sentenza è stata poi impugnata nuovamente dall’azienda e si attende la risposta del consiglio di stato. Una nuova richiesta, simile, è stata ripresentata sempre dalla CET nell’agosto 2020, ma questa volta in una modalità ancora meno invasiva. Infatti, le indagini non saranno effettuate sul territorio del parco regionale del Beigua, motivo principale del rifiuto alla prima richiesta, ma nel comune di Urbe, attualmente fuori dal parco. (vedi foto)

La regione, con il parere favorevole dell’ARPAL e dell’ASL2 di Savona, ha acconsentito. La risposta dei comuni non si è fatta attendere e il decreto regionale è stato impugnato nuovamente davanti al TAR, che non ha previsto la sospensione di tali rilevamenti fino alla pronuncia della sentenza, prevista per gennaio 2022.

Nonostante la dichiarazione dell’azienda di voler eseguire rilevazioni a scopo puramente informativo, pare altamente improbabile che un’impresa privata persegua interessi puramente scientifici. Si può facilmente dedurre che queste attività meramente simboliche non aggiungano nessun tipo di informazioni a quelle già note e che l’obiettivo sia quello di non perdere la concessione e mantenere aperta la questione.

Le amministrazioni locali, contrarie alla costruzione della miniera, si stanno battendo per l’annessione del comune di Urbe al parco regionale del Beigua, come strategia per tutelare i territori interessati dai rilevamenti. Nonostante gli interessi economici che muovono le amministrazioni locali, riconosciamo l’utilità contingente di questa linea politica che potrebbe influire sulla sentenza. Non possiamo però pensare che la tutela del territorio e dell’ambiente debba passare attraverso l’istituzione di Parchi o aree protette, non immuni da logiche di profitto o sfruttamento turistico, e non interessare tutti i territori in cui viviamo. La criticità della situazione ambientale, riguardante l’intero pianeta, richiede il ripensamento totale del nostro modello di produzione e sfruttamento delle risorse. Ogni ecosistema in quanto tale, e nel rapporto con gli esseri che lo abitano, è importante indipendentemente dall’interesse economico che riveste e dalle potenzialità turistiche. Come collettivo Vedo Terra consideriamo l’opposizione alla miniera sul monte Tarinè un’occasione per concretizzare una critica globale a questo modello estrattivo, in una lotta territoriale che ci riguarda da vicino.

Ci schieriamo contro ogni progetto estrattivo, ci schieriamo contro questo modello capitalista predatore.

Non è un caso che dopo anni di rifiuti, proprio nel 2020 la regione abbia concesso i permessi di rilevamenti alla CET, infatti, dal 2020 il titanio è stato inserito dall’Unione Europea nella lista delle materie prime critiche. Si tratta di materie di difficile reperibilità e di alto interesse economico.

La politica europea, negli ultimi anni, si è orientata verso una minor dipendenza dall’estero per l’approvvigionamento di materie prime e verso l’investimento in nuovi settori tecnologici che hanno reso materiali come il titanio e il litio di particolare interesse. Gli obbiettivi del “Green Deal” europeo sono il raggiungimento di un’economia digitale e climaticamente neutra, il che comporta un supposto minor utilizzo del carbonfossile ma un maggior sfruttamento di materie prime minerali e metalliche. Nel caso del titanio, usato prevalentemente nel settore militare, aerospaziale, e di sicurezza, oltre che per la costruzione di protesi, ad oggi l’Europa dipende al 100% dalle importazioni (45% dalla Cina). Non a caso parallelamente al riaccendersi dell’interesse per il giacimento del Beigua, vengono portate avanti rilevazioni e perforazioni in un fiordo norvegese, dove è presente un’altra riserva. Il materiale di scarto proveniente dagli scavi verrebbe riversato direttamente in mare con gravi danni al suo ecosistema. [per informazioni sulla lotta norvegese nomineingallok.noblogs.org o kolonierna.se]. Il grande interesse europeo per questa materia prima porterebbe enormi rientri economici alle aree che presentano giacimenti, questo spiega la decisione della regione Liguria di acconsentire ai rilevamenti sul territorio da parte della CET. Questa azienda cuneense a gestione pseudo-familiare, sulla quale sono reperibili pochissimi dati, presenta un capitale sociale molto basso che fa sospettare l’impossibilità della gestione di un’opera di scavo, lavorazione dei materiali, smaltimento e trasporto di tale portata. Probabilmente la CET nasconde dietro di sé qualche azienda di ben altro calibro, o, fiutando l’enorme interesse economico, mira a mantenere la concessione in questa fase preliminare per poi cederla a prezzi stellari a un’altra azienda europea in grado di portare avanti il progetto.

Non ci facciamo ingannare dalle promesse dell’Europa di riduzioni di emissioni e di transizione ecologica, nelle quali riconosciamo il tentativo di capitalizzare gli investimenti in settori considerati innovativi. Siamo convinti che senza una riduzione della produzione, una lotta al consumo selvaggio, alla obsolescenza programmata, e una più generale ristrutturazione del sistema produttivo, qualsiasi politica di transizione ecologica sia inutile oltre che ridicola. Notiamo la difficoltà di portare questa riflessione ad un contesto cittadino e di ricondurla a pratiche collettive e individuali.

Un altro elemento che ci teniamo ad evidenziare è la portata del danno ambientale e le conseguenze che la costruzione della miniera comporterebbe, non solo per il territorio interessato ma per l’intera regione Liguria e per il basso Piemonte. L’estrazione del rutilio da rocce eclogiti di elevata durezza è possibile solo attraverso la costruzione di una cava a cielo aperto che comporterebbe la distruzione della montagna e l’estrazione di enormi quantità di materiale di scarto che andrebbe ricollocato altrove. Inoltre, per la lavorazione del materiale sono necessarie infrastrutture in loco, spazi per lo stoccaggio e strade per il trasporto di tonnellate di materiali che stravolgerebbero completamente il territorio. La prospettiva di impiego e di arricchimento per gli abitanti non è che un’illusione, infatti, normalmente le grandi compagnie si portano i lavoratori e costruiscono cantieri-cittadelle che non portano alcun beneficio al territorio per poi lasciarlo irreversibilmente devastato. Le eclogiti, come se non bastasse, presentano un elevata concentrazione di amianto che verrebbe liberato nell’estrazione, contaminando la sorgente del torrente Orba che porta acqua a tutto il basso Piemonte. Inoltre, la polvere di amianto liberata, attraverso il vento raggiungerebbe tutta la provincia di Savona e di Genova. L’inalazione di amianto può portare all’insorgere di malattie come la pleurite, l’enfisema e tumori polmonari. La costruzione di questa miniera comporterebbe conseguenze per la vita di cinque milioni di persone e avrebbe conseguenze sulla salute anche delle generazioni future.

Come collettivo giovanile genovese, riteniamo essenziale portare avanti pratiche e lotte nella maniera più trasversale possibile, confrontandoci e condividendo momenti con altre realtà e con chiunque sia interessato a fare opposizione alla costruzione della miniera. Svegliamo questa città!

Collettivo Vedo Terra

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